2 febbraio 1964. Di Luzio stringe la mano al capitano dell'Akarags (0-0). Il corpulento arbitro è il bresciano Schinetti 

 

(di Franco Zappacosta)

 

C’è stato il sinistro di Dio (Mariolino Corso) e poi il tacco di Allah (Rabah Madjer). Senza sconfinare nella blasfemia, anche noi a Chieti abbiamo avuto un piede mancino che se non ci fosse stato un ginocchio malandato (tutta colpa di un’entrataccia di Carletto Mazzone in un’amichevole (?) contro l’Ascoli) ne avrebbe fatte vedere di meraviglie. Ma niente rimpianti, tanto più in giorni in cui Vittorio Di Luzio si avvicina a dopodomani, domenica del 9 giugno, quando festeggerà i 79 anni. A questo giocatore confessiamo di essere particolarmente affezionati per una serie di ragioni. E’ un chietino verace essendo nato nel 1940 nel cuore della Civitella, come la moglie, la signora Francesca: insomma una coppia che più chietina non si può. Era il capitano del Chieti 1963-64 (la squadra che sfiorò la promozione in serie B), stagione nella quale noi abbiamo iniziato l’apprendistato come cronisti sportivi. E infine è sempre stato uno modesto, schivo e per bene. Non ha vissuto una storia professionale ad alti livelli per qualche problema fisico (si diceva) e perché non è mai stato il tipo (pure questo si diceva) che cerca lo sponsor giusto. E forse gli è mancato anche il pizzico di fortuna che spesso segna il confine tra una carriera cosiddetta normale e una da riflettori addosso. L’importante in fondo è essersi realizzati nella vita, pallone a parte. Perché Vittorio, diplomato in Ragioneria all’Istituto Galiani, ha lavorato per 35 anni in banca e ora si gode tre figli (Simona, Riccardo e Francesco) e altrettanti nipotini.


Il Chieti 1963-64 nella bella divisa sociale. In piedi da sinistra Trapella, Alberti, Riti, Orazi, Ghirardello, Palma, Di Luzio, Franco e Tom Rosati. In basso: Rodolfi, Martegiani, Dondi, Milan, Paradiso, il massaggiatore Apolloni 

 

A Chieti se uno nasce alla Civitella quasi sempre è un predestinato nel senso che ha il calcio nel destino. Il dna è segnato dai geni del pallone. Poco, tanto, bene, male: non importa. Ma nella sua vita sicuramente avrà un ruolo (un peso, uno spazio) il pallone. Ed è questa la storia di Vittorio Di Luzio che iniziò a giocare come tanti coetanei nella Nike Onarmo di quel sant’uomo che era il sacerdote don Angelo Carena, impegnato nell’attività educativa dei giovani chietini attraverso l’attività sportiva (un importante contributo in quegli anni  lo fornì, al fianco di don Angelo, anche l’allenatore Ermete Novelli, portiere del Chieti nel periodo pionieristico del calcio teatino).

Qui apriamo una parentesi: Onarmo era l’acronimo di Organizzazione Nazionale Assistenza Religiosa e Morale degli Operai, ente che svolgeva un prezioso apostolato tra le classi più povere. Don Angelo ne era dirigente ed essendo anche uomo di cultura aveva escogitato il nome Nike, la dea greca della vittoria, per la sua società (ben prima che ci pensasse una certa multinazionale americana…). Quanti ragazzi chietini hanno indossato la maglia della Nike e partecipato ai tanti e bellissimi tornei giovanili che si organizzavano a Chieti nei favolosi Anni 60!

Bene, anche Vittorio Di Luzio inizia il percorso con la Nike Onarmo. <Era il 1956-57 quando cominciai a dare i primi calci “veri”> ricorda. L’obiettivo, però, era di compiere il grande salto, cosa che in una visione molto locale (il che non significa “ristretta”) del proprio mondo significa indossare la maglia della squadra maggiore della città, quella neroverde del Chieti. E Di Luzio ci arriva a 19 anni nel 1959-60. Salvezza sofferta e diversi cambi tecnici: partenza sotto il segno di Lo Prete, poi parentesi con Gigi Marsico, infine operazione salvezza affidata a Novelli che realizza un vero capolavoro. <Marsico è stato il primo a credere nelle mie possibilità – sottolinea – e mi salutò con affetto quando dopo l’esonero lasciò il Chieti sostituito da Novelli>. Lo stesso Marsico che pochi anni dopo impedirà a Vittorio (e ad altri) l’importante svolta della carriera. Accadrà nel ’64 quando l’esperto tecnico foggiano alla guida del Trani soffierà al Chieti la promozione in serie B. Ed infatti Vittorio ammette: <Il mancato obiettivo tarpò le ali, in termini di decollo professionale, a me e a qualche altro giocatore di quel magnifico gruppo. L’ho sempre pensato e lo ripeto oggi, ma senza rimpiangere nulla>.

Tornando alla prima stagione neroverde (’59-60) c’è da ricordare l’esordio di Di Luzio nella partita esterna contro la Casertana il 5 giugno, ultima di campionato (3-0 per i rossoblù campani, eppure Chieti salvo e Casertana retrocessa in serie D insieme con il Teramo).

5 giugno 1960 Casertana-Chieti 3-0

Casertana: Albani, Volpi, Galeotti, Riti, Bigoni, Traverso, Trento, Settembrini, Savastano, Cacciavillani, Rigolassi

Chieti: Rizzotto, Melideo, Allegretti, De Benedictis, Rosati, Pizzolitto, Faleo, Casisa, Luna I, Giannini, Di Luzio

Arbitro: Gardelli di Roma

Reti: pt 6’ Savastano; st 36’ Traverso, 49’ Trento

Note: st 38’ espulso De Benedictis

L’inizio del giugno 1960 va raccontato per l’epica salvezza conquistata dal Chieti. La certezza della permanenza in serie C arriva nella penultima giornata, tre giorni prima dell’inutile (per i neroverdi) trasferta di Caserta. Il turno si gioca infatti giovedì 2 giugno Festa della Repubblica e il Chieti con un miracolo riesce a battere (1-0) la capolista Foggia, che poi conquisterà la promozione in serie B, grazie a un gol del maggiore dei fratelli Luna, Alceo. Al termine del match Ermete Novelli viene portato in trionfo dai giocatori per l’incredibile impresa realizzata: una salvezza che ha del miracoloso…

Il giovane attaccante viene dato ancora in prestito: <Finii al Chieti Scalo dove ritrovai come tecnico Ermete Novelli e venni convocato nella rappresentativa giovanile abruzzese. Altra tappa successiva ma di una certa importanza nel 1961-62 quella della serie D con il Sulmona, nuovamente non a titolo definitivo, e poi nell’estate del ’62 rientrai al Chieti. Purtroppo nel corso del precampionato, in una partita amichevole ad Ascoli, Mazzone, difensore dei bianconeri, non evitò un intervento cattivo sul mio ginocchio, rompendomi il menisco. In quel periodo l’allenatore Morgia stava sperimentando in attacco la coppia Grotti-Di Luzio e sicuramente sarei partito titolare in campionato. Ma l’infortunio fece saltare il progetto. Visita prima all’ospedale di Chieti, poi altri controlli a Roma dove andai su pressione di Morgia e Crociani. Gli ortopedici che esaminarono il mio ginocchio decisero di non operare anche perché se adesso è routine, allora usare il bisturi per il menisco non era certo pratica diffusa. Insomma si scelse la soluzione conservativa. Ci pensò allora il presidente Angelini a mandarmi a Spoltore in una clinica dove periodicamente veniva da Bologna un importante ortopedico. Anche dopo questo ennesimo consulto la scelta fu di soprassedere all’intervento. Alla fine visto che non facevo nessun concreto miglioramento, decisi di risolvere il problema a Chieti e al Santissima Annunziata venni operato dal professor Brunelli. Erano intanto passati alcuni di mesi e Angelini aveva affidato la panchina a Petagna con il quale non riuscii a stabilire un buon rapporto. Dopo l’operazione zoppicavo e lui non ebbe nessuna esitazione quando in modo anche piuttosto brusco vedendomi in quelle condizioni mi disse “Ehi tu, se non puoi camminare vai a farti la doccia…”. Sentii il mondo crollarmi addosso, però trovai la forza di reagire. Non mollai e continuai a lavorare pur di recuperare fisicamente. Avevo un chiodo fisso in testa: mettere a posto, per quanto possibile, il ginocchio>.

Un periodo personale abbastanza difficile. <Sì, un incubo. Però con la forza della volontà, deciso a superare l’infortunio, non mi diedi per vinto. Non mi feci piegare dal pessimismo. Andavo alla palestra di Carmela, lì quasi attaccata alla Civitella, ricordi? E poi noleggiavo per conto mio la bicicletta alla Trinità, vicino alla Chiesa. Un duro lavoro con un programma personalizzato che avevo studiato io stesso e alla fine riuscii a spuntarla. Ma senza tornare subito nel gruppo, ero ancora ai margini. Un giorno Petagna era impegnato nell’allenare i portieri, mi avvicinai e lui fece finta di non riconoscermi “Chi sei tu?”. “Sono Di Luzio” risposi e cominciai a calciare anch’io: bombe col piede sinistro, avevo recuperato la piena funzionalità del ginocchio. Tant’è che dopo qualche settimana pensavo finalmente di esordire, a Taranto. Ma Petagna fece giocare al posto mio Silvano Moro, acquisto che aveva caldeggiato lui, uno con un bel passato, certo, ma che ormai aveva quasi 38 anni e quel giorno non toccò palla. Sinceramente ero molto arrabbiato. Il lunedì raccontai quello che era accaduto al mio compagno di classe Gino Di Tizio. Frequentava anche lui ragioneria al Galiani e già scriveva sul Corriere dello Sport. Gino in un articolo criticò la scelta dell’allenatore sostenendo che mi aveva ingiustamente penalizzato: non si può escludere un promettente attaccante locale di 22 anni preferendogli un giocatore parecchio più vecchio. Il pezzo colpì nel segno e Di Luzio da lì in avanti venne schierato titolare. Dimostrai immediatamente di meritarmi il posto: gol subito contro l’Ascoli. Ci salvammo, ma Petagna non venne confermato da Angelini. Allenatore strano, da prendere con le molle>.

 


Due primi piani di un giovane Vittorio Di Luzio

 

Rivediamo la partita nella quale Vittorio segnò una gran bella rete.

31 marzo 1963 Chieti-Del Duca Ascoli 2-1

Chieti: Bellagamba, De Benedictis, Carboncini, Ghirardello, Pin, Fontana, Alaimo, Montanari, Galassini, Bacci, Di Luzio.

Del Duca Ascoli: Colombo, Rossetti, Capelli, Mazzone, Varglien, Tomassoni, Cori, Baldoni, Barchiesi, Maialetti, Sospetti

Arbitro: Pianca di Milano

Reti: pt 5’ Barchiesi, 8’ Di Luzio, 29’ Alaimo

Il Chieti conclude in nove (infortunati Pin e Carboncini), Vittorio si prende la rivincita nei confronti di Mazzone. Ecco il giudizio sulla sua prova (Il Messaggero del 1° aprile): <Di Luzio ha segnato una bella rete. Aveva un compito molto difficile da svolgere, doveva spostarsi continuamente da un settore all’altro del campo per spezzare le azioni dei marchigiani>.

Arriva la stagione 1963-64 con Tom Rosati in panchina. <Mi incrociò un giorno nei pressi delle Poste e mi fa: “Oh, tu mi servi, ricordalo. Cerca di fare tanta corsa a Francavilla sulla sabbia per migliorare la tenuta del ginocchio. Mi raccomando...”. Quell’estate lavorai parecchio e mi presentai in ottime condizioni per l’inizio della stagione. Tom mi diede la fascia di capitano e mi sentii responsabilizzato al massimo>. Ad appena 23 anni, forse il più giovane capitano nella storia del Chieti.


Amichevole a Civitanova Marche il 15 settembre 1963 (0-0). E' il Chieti che sta nascendo  In piedi da sinistra l'allenatore Tom Rosati, Di Luzio, Alberti, Orazi, Canali, De Benedictis. Accosciati: Ghirardello, Rodolfi, Riti, Paradiso, Milan, Catini 

 

Grande campionato, secondo posto alle spalle del Trani, la storica promozione in serie B sfumata proprio all’ultima giornata nel confronto diretto sul campo dei pugliesi. Fu una cavalcata imprevista, da nessuno pronosticata: quel Chieti stupì tutti. Si poteva fare di più? <Era una squadra nata quasi per caso, con giocatori presi qua e là, tutti o quasi da valorizzare. Chi li conosceva prima che esplodessero nel Chieti? Certo, ci furono degli errori, qualche situazione andava gestita meglio, come il viaggio in nave per la trasferta a Siracusa sotto Natale, ma questo lo diciamo ora a oltre mezzo secolo di distanza… Io parlerei di bella favola e di un finale poco fortunato>.


29 settembre 1963, il Chieti debutta in casa contro il Bisceglie dopo l'impresa di Taranto (0-1). Le due squadre all'ingresso in campo

 


Si sorteggia sotto la sguardo dell'arbitro Momoli di Padova. 1-0 firmato Feliciano Orazi 

 


20 ottobre 1963 derby Chieti-Pescara 1-1. I capitani sono Di Luzio e Di Censo. Dirige Frullini di Firenze 

 


17 novembre 1963 sta per iniziare Chieti-Reggina (2-1). Dirige Vitullo di Roma 

 


24 novembre 1963 Chieti-Salernitana 1-1. Big match affidato a Cantalupo di San Donà di Piave 

 


E' il giorno del derby Pescara-Chieti: 16 febbraio 1964. I due capitani Di Luzio e Magni guidano le squadre. Al centro l'arbitro Gardelli di Forlì. Finirà 2-1 

 


Pienone all'Adriatico. Manca poco all'inizio 

 

Nella memorabile annata 1963-64 Vittorio colleziona 27 presenze e una rete.

1 marzo 1964 Chieti-Lecce 4-2

Chieti: Milan Rosati II Rodolfi Riti Ghirardello Alberti Paradiso Palma Orazi Martegiani Di Luzio

Lecce: Tinelli Sgorbissa Bronzini Panigada Corsi Frontali Tribuzio Trevisan Ciabattari Santelli Janni

Arbitro: Rimoldi di Milano

Reti: pt 7’ Ghirardello 13’ Di Luzio; st 3’ autogol Rosati F. 4’ Martegiani 15’ Ciabattari 35’ Riti su rig.


12 aprile 1964. La "domenica maledetta". E' il derby Chieti-L'Aquila, finirà con l'invasione di campo. Al centro l'arbitro Helzel 

 

Si conclude il ciclo con il Chieti e Vittorio per la prima volta varca i confini dell’Abruzzo, destinazione Civitanova Marche. Tre campionati con la maglia rossoblù della Civitanovese, capitano e pupillo del presidente, il mitico conte Sabbatucci (il nobile marchigiano Carlo Sabbatucci Frisciotti Stendardi è scomparso il 26 maggio scorso all’era di 96 anni). <Ottima la prima stagione con Landolfi, a gonfie vede anche la seconda con Seghedoni in panchina. Disputai due campionati interi. Male il terzo perché non legai con Bizzarri, che era allenatore-giocatore. Tra noi due ci fu un conflitto continuo, insanabile. A metà stagione lasciai Civitanova e me ne tornai a Chieti. Non ce la facevo più. La società mi richiamò con un telegramma, tornai e il Conte mi disse “Hai lasciato una nave senza capitano”. Bizzarri nel rivedermi mi fece “Ah, sei tornato”. Gli risposi “Non sono tornato, mi hanno richiamato”. “Allora devi riguadagnarti il posto e la fascia. Domenica posso contare su di te?”. “Come no, se ritieni…”. Giocai ma la fascia la diede a Pavinato. Conclusi la mia esperienza a Civitanova. Anche perché avevo le idee ben chiare, con un futuro già progettato: il posto in banca e una famiglia da tirare su>.


Da ex sul campo della Civitella. I due capitani sono Pasquale Spinelli (Chieti) e Vittorio Di Luzio (Civitanovese) 

 


Civitanovese in divisa sociale a Milano prima di un'amichevole contro l'Inter. Vittorio è al centro in basso 

 

Vittorio torna a casa per diventare allenatore-giocatore della Gloria Chieti. Firma una straordinaria salvezza nel 1967-68 con un successo-capolavoro a Campobasso (0-1).

Vittorio Di Luzio nella Gloria Chieti. Da sinistra il dirigente Cerritelli, Di Ruscio, Di Luzio, ?, Carlucci, Coletti, ?, il tecnico Novelli, il d.s. Di Bernardo. L'inizio della fila in basso è aperta dal massaggiatore D'Urbano, poi Lorusso e Jacobucci 

 

Rimpianti nessuno, s’è già detto. Ma c’è stata la possibilità del grande salto in qualche momento della carriera?

<Un’occasione sfumata, lo ripeto, è stata la mancata promozione col Chieti nel ’64. Poi con Seghedoni sostenni alcuni provini. Con il Prato e con la Reggiana allenata da Del Grosso. Ricordo in particolare un’amichevole contro il Modena, nelle file della Reggiana. Nel Modena c’era il cileno Toro con la maglia numero 8, io quel giorno indossavo la numero 6. Il difensore centrale che avevo al fianco credeva quindi che toccasse a me la marcatura del sudamericano, pensava a un confronto diretto tra mediano e centrocampista. Non aveva capito che Toro, nonostante avesse l’8, giocava da punta centrale. Perciò non lo seguivo e allora il compagno mi urlò “Ehi, sveglia, quello lì devi marcarlo tu”. Del Grosso sentì e gli gridò a brutto muso “Guarda che il ragazzino ha ragione, non deve essere lui a contrastare Toro…”. Beh, fu una piccola soddisfazione. Comunque le varie trattative non andarono in porto. Forse la Civitanovese chiese troppo, chissà…>.

Dunque nella Gloria (quando si dice il destino…) la conclusione della carriera. Mai poi, anche da bancario (35 anni alla Popolare di Teramo, in seguito diventata Banca Marche), ha partecipato a tanti tornei cittadini e non, parliamo soprattutto di quelli che si organizzavano nella bella stagione. In campo per puro divertimento, da vero innamorato del pallone. Come solo uno nato alla Civitella.

Buon compleanno, Vittorio!


Un più recente derby Chieti-Pescara. Inizio all'insegna dell'amicizia fra due ex compagni. Premiazione tra Enrico Alberti e Vittorio Di Luzio 

 

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